
Nel mondo degli scacchi, costruire una reputazione richiede tempo, impegno e risultati. Eppure, mantenerla è tutt’altro che scontato. Ogni piattaforma ha il suo sistema, ogni torneo le sue regole, ogni federazione la propria identità. Chi si muove tra tornei digitali e competizioni dal vivo si ritrova spesso a dover dimostrare quello che ha già conquistato altrove. L’identità del giocatore si frammenta, i processi di registrazione si complicano, e la fiducia tra utenti, organizzatori e piattaforme si indebolisce. Un sistema nato per valorizzare il merito finisce per ostacolarlo, proprio quando l’evoluzione tecnologica offrirebbe gli strumenti per semplificare tutto.
Algorand, in collaborazione con World Chess, ha deciso di affrontare il problema alla radice, con un progetto che applica strumenti Web3 a uno dei giochi più antichi e apprezzati.
L’idea è semplice ma ambiziosa: creare un’identità digitale unica, verificabile e portatile per ogni giocatore di scacchi. Un profilo che non appartenga a una singola piattaforma ma al giocatore stesso.
Il progetto si chiama Universal Chess Passport e si basa su due tecnologie fondamentali: i Decentralized Identifiers (DID) e le Verifiable Credentials (VC).
I DID sono identificatori digitali ancorati su blockchain che permettono a una persona di avere un’identità autonoma, non controllata da enti centrali. Le VC, invece, sono attestati digitali che certificano informazioni come il ranking, la partecipazione a tornei, i titoli ottenuti o persino il comportamento etico del giocatore. Tutti questi dati vengono conservati in un wallet personale e possono essere condivisi in modo selettivo, solo quando serve e solo con chi si desidera.
Il vantaggio è evidente: se un giocatore si iscrive a un torneo, non deve più fornire documenti fisici o ripetere da capo il processo di identificazione. Basta collegare il proprio wallet per dimostrare chi è, cosa ha fatto e a che livello gioca. Tutto viene verificato in maniera automatica, senza che sia necessaria l’intermediazione di piattaforme terze. L’identità digitale diventa un asset personale, gestito in modo diretto e trasparente.
L’infrastruttura è costruita su standard già adottati a livello internazionale, come quelli promossi dalla Decentralized Identity Foundation e dalla OpenWallet Foundation. Questo garantisce interoperabilità tra diversi sistemi e indipendenza da singoli fornitori tecnologici.
In altre parole, non è un esperimento chiuso né un prodotto proprietario. È una proposta aperta, che punta a diventare un nuovo standard per il mondo degli scacchi e, potenzialmente, anche per altri settori.
I problemi che questo sistema cerca di risolvere sono concreti e già emersi in diversi contesti. Si va dai casi in cui qualcuno gioca utilizzando l’identità di un altro, ai tentativi di frode nella riscossione dei premi, come email false inviate agli organizzatori con richieste di pagamento su conti bancari non autorizzati.
C’è poi la questione, ben nota a chi partecipa ai tornei, delle registrazioni lente e macchinose, spesso bloccate dalla necessità di verificare documenti diversi per ogni giocatore. A tutto questo si aggiunge la difficoltà nel far valere la propria storia – ranking, titoli, risultati – quando si cambia piattaforma. Un patrimonio costruito nel tempo che, oggi, rischia di rimanere intrappolato nei confini di ogni singolo sistema.
Per non parlare del fatto che, per molti giovani giocatori, l’assenza di un documento d’identità ufficiale rappresenta un ostacolo alla partecipazione ai tornei. In un ecosistema che vive sempre più online, e che soffre la diffusione di account falsi e casi di cheating, un’identità digitale sicura e verificabile non è più un’opzione. È una necessità.
Il progetto proposto da Algorand è attualmente in fase di test su piccola scala, ma ha già dimostrato di essere tecnicamente fattibile. Ed è facile immaginare come il suo impatto possa estendersi ben oltre gli scacchi. Tutti i contesti in cui le persone devono dimostrare qualcosa su sé stesse – dal mondo accademico a quello degli esports, dalla formazione alla sanità – potrebbero trarre beneficio da un sistema simile.
Gli scacchi, per natura e struttura, rappresentano il banco di prova ideale: un ambiente meritocratico, globale, già in gran parte digitalizzato e abituato all’analisi dei dati.
Se l’Universal Chess Passport riuscirà a trovare il consenso necessario, potrebbe non solo semplificare la vita dei giocatori e degli organizzatori, ma anche offrire un nuovo modello per la gestione della reputazione digitale.
Chi volesse partecipare allo sviluppo del sistema – che è tuttora aperto a collaborazioni – può contattare direttamente il team tecnico all’indirizzo: [email protected]
Per gli approfondimenti del caso vi lasciamo invece al Whitepaper ufficiale del progetto.
In un’epoca in cui la fiducia online è sempre più fragile, Algorand e World Chess hanno deciso di costruire un’alternativa concreta. Se funziona negli scacchi, potrebbe funzionare ovunque.
